L’usucapione è la modalità di acquisto della proprietà che si compie mediante il possesso continuo, pacifico, ininterrotto e manifesto. Tale possesso deve corrispondere all’esercizio del diritto reale in corso di usucapione. Deve protrarsi per un arco di tempo che varia in relazione al bene in corso di usucapione e al tipo di usucapione . Il possesso non deve poi essere esercitato con violenza.
Tuttavia, vi sono casi in cui l’oggetto che si intende usucapire , potrebbe essere un bene in comunione (comunione ordinaria e/o condominio) e il soggetto richiedente potrebbe essere contitolare del bene in comune.
Nel caso di specie, diversi condomini , residenti nello stabile x , citavano in giudizio la restante parte di inquilini, innanzi al Tribunale di Padova per sentir dichiarare, l’acquisto per usucapione di due porzioni di terreno di pertinenza del fabbricato condominiale.
Il Tribunale di Padova rigettava la domanda attorea, e tale decisione veniva, altresì, confermata dalla Corte d’appello di Venezia.
Infatti, la Corte lagunare , riteneva efficace la pronuncia del tribunale adito , il quale ha ritenuto che l’area condominiale in questione , pur essendo utilizzata continuativamente dai condomini ricorrenti , per dedicarsi, ad attività di coltivazione , suddette attività , però venivano svolte con “tolleranza” degli altri condomini, i quali comunque continuavano ad avere il possesso continuato delle aree descritte in narrativa.
Al fronte di tale decisione, i soccombenti ricorrevano in Cassazione , in quanto , secondo la propria disamina dei fatti , la corte d’appello adita, non soltanto non aveva considerato lo stato dei luoghi , ma altresì aveva ignorato tutte le prove prodotte , a sostegno delle proprie deduzioni .
Invero , nonostante il repentino ricorso , anche la Corte di Cassazione confermava le precedenti pronunce , ribadendo il seguente principio : “l’usucapione del bene comune da parte di uno dei comproprietari, postula che il medesimo goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui , e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune, (Cass. 24781/17),”
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